Mercoledì 21 Ottobre 2020

Baia Sommersa - Baia e i suoi edifici

di Redazione FIAS

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BAIA E I SUOI EDIFICI

L’insenatura di Baia era anticamente occupata da un lago (Baianus lacus, lago costiero citato da Seneca, Tacito e Marziale, comunicante col mare aperto tramite un canale e scomparso per il bradisismo.
È riconoscibile dai resti antichi sulle sponde, densamente edificate.
Esplorazioni e ricerche subacquee rendono oggi migliore la comprensione dell’antica Baiae, estesa in mare fino a 400 metri circa dalla riva.
Tra i principali edifici sommersi sono il ninfeo imperiale di Punta Epitaffio, la villa dei Pisoni ed un complesso termale, disposti lungo una strada lastricata e, nell’estremità meridionale dell’insenatura, una peschiera a pianta semicircolare.
A est del ninfeo di Punta Epitaffio, separato da una strada, era un nucleo edilizio con terme (I-III sec. d.C.) e un ninfeo a tre absidi di età domizianea (81-96 d.C.), unico nel suo genere a Baia.
Una villa imponente sorse in età adrianea (117-138 d.C.) a sud-est della Punta, sui resti di una più antica (fine I sec. a.C.-inizi I sec. d.C.), attribuita alla famiglia dei Pisoni per i bolli impressi su una conduttura idrica di piombo (C-D). Dotato di terme, giardini e un quartiere marittimo, con vani di soggiorno, cisterne e peschiere, difeso da barriere frangiflutti, questo grande complesso, che mostra analogie architettoniche con la Villa Adriana di Tivoli, era confluito nel demanio imperiale forse dopo la confisca della villa dei Pisoni in seguito alla fallita congiura contro Nerone (65 d.C.).

A nord del canale erano terme, forse pubbliche, visto il carattere urbano degli edifici, evidenziato da tabernae e da una strada. Le sponde est e ovest del lago si individuano da altre strutture, poste sotto la banchina portuale, dove anni fa si rinvennero sculture e decorazioni marmoree del III sec. d.C. Altri resti sono sui fondali antistanti i Cantieri di Baia.

Peschiere monumentali sono state scoperte davanti al Castello Aragonese.
Pozzuoli fu dapprima emporio di Cuma, poi, con il nome augurale di Dicearchia (città della giustizia), fu il rifugio di fuggiaschi da Samo (530 a.C.). Perse successivamente importanza fino al 194 a.C., quando vi venne istituita la colonia marittima di Puteoli. Il nucleo più antico della città era arroccato sul promontorio (l’attuale “Rione Terra”), poi si estese progressivamente ai piedi del colle con la costruzione di due anfiteatri, di uno stadio, di numerose terme, di un mercato. Ma il maggiore sviluppo si ebbe lungo la costa, completamente attrezzata con magazzini per lo stoccaggio delle merci.
La grande crescita della città è legata soprattutto al porto, grazie al quale Puteoli divenne il più grande scalo marittimo di Roma.
Il poderoso impianto del porto era sostenuto con archi su piloni di calcestruzzo gettati in casseforme idrauliche. Il molo, lungo 372 metri e provvisto di anelli di ormeggio, era costituito dall’allineamento di almeno quindici grandi piloni quadrangolari.
L’architettura spettacolare del grande molo era un elemento così caratterizzante della topografia locale da essere riprodotto in raffigurazioni dipinte su bottiglie-souvenirs di produzione puteolana. I suoi resti, ormai completamente inglobati nel cemento delle ristrutturazioni moderne, sono rimasti per secoli ben visibili nel panorama, e molte vedute di viaggiatori del XVII e del XVIII secolo li hanno riprodotti.
Lungo la costa puteolana nel 37 a. C. venne realizzato un porto militare, il Portus Julius, per cui furono eseguite grandi opere d’ingegneria: un canale lungo 400 metri collegava il mare con il lago di Lucrino, ed un altro metteva quest’ultimo in comunicazione con il lago d’Averno.

Dismesso il ruolo militare, trasferito al nuovo porto di Miseno, il Portus Julius fu ampliato con infrastrutture e magazzini e assunse un’importante funzione commerciale.
Un’area-campione, oggetto di più dettagliate indagini subacquee, ha permesso di individuare un grande magazzino a pianta quadrangolare con corte centrale. Muri in reticolato suddividono una serie di stanze, alcune ancora provviste di soglie in pietra, di pavimenti e di resti dell’impianto idraulico, che si aprono su un porticato. Rampe di scale documentano la presenza di un piano superiore. Una grande domus, forse appartenente al proprietario del magazzino, conserva ancora un peristilio di colonne in laterizio ed ambienti con pavimenti di mosaico e di signino.

Il canale di accesso al Portus Julius era destinato, secondo un faraonico progetto dell’imperatore Nerone, a consentire l’ingresso anche ad un canale (fossa Neronis) che avrebbe dovuto collegare direttamente il porto di Puteoli a Roma per rendere più sicuro il tragitto invernale delle navi che trasferivano il grano a Roma. La morte di Nerone interruppe i lavori, ma tracce dell’opera sono ancora individuabili dalle fotografie aeree.
Il promontorio di Punta Epitaffio chiude a nord il golfo di Baia. Ai suoi piedi anticamente si estendeva ancora un tratto di costa con numerosi edifici, oggi sommersi. Nel 1969, grazie al rinvenimento casuale di due statue di marmo sfigurate dai molluschi marini, venne individuato un grande edificio appena affiorante dalla sabbia .

Le statue rappresentavano la famosa scena - descritta da Omero nell’Odissea - di Ulisse che porge una coppa di vino al Ciclope mentre un suo compagno versa altro vino da un otre. Lo scavo, all’inizio degli anni ’80, mise in luce un ampio ambiente rettangolare absidato, con le pareti lunghe articolate in quattro nicchie. Tutto intorno alle pareti corre uno stretto canale, ancora in parte rivestito da lastre di marmo, mentre all’interno del piano centrale è ricavata una grande vasca. Durante lo scavo sono state trovate altre cinque statue, cadute dalle nicchie laterali. La statua di Polifemo, che doveva trovarsi nell’abside tra Ulisse e il suo compagno, dovette essere certamente asportata già in antico, dal momento che al suo posto è stata trovata una sepoltura tardo-antica. La presenza di condutture d’acqua all’interno delle statue e l’architettura della sala hanno permesso di identificarlo come un lussuoso ninfeo-triclinio.
L’identificazione delle statue con familiari dell’imperatore Claudio (la madre, Antonia Minore, e una delle figlie morta in tenera età) ha permesso di riconoscere nel ninfeo una parte della residenza imperiale a Baia e di datarlo alla prima metà del I secolo d.C. Tracce di rifacimenti e di restauri ne indicano l’impiego fino al IV secolo d. C, quando ebbe inizio l’abbandono della costa invasa dall’acqua marina.
Il materiale ritrovato è ora esposto nel Museo Archeologico nel Castello di Baia, suggestivamente ambientate in una ricostruzione del ninfeo sommerso.

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