Coloro che sono appassionati di storia e della storia che ha attraversato il mare nostrum, sogna di poter colloquiare con il naufrago che apre il secondo libro del “De rerum naturae” di Lucrezio. Quell’uomo scampato dalla furia della burrasca e che sa con precisione dove è affondata la nave sulla quale era imbarcato.
Sarebbe il sogno di tutti i subacquei poter ammirare (e non toccare!) i resti di un naufragio e poter rivivere e rievocare gli ultimi agognati momenti dei marinai e degli imbarcati. Gente umile, schiavi, mercanti che solcavano il mare per i loro commerci e per la gloria di Roma. Rievocare per far rivivere anche solo per un momento le vite di coloro che in quella traversata sono stati colti da una tempesta improvvisa, perdendo a volte solo il carico, a volte anche il bastimento, il più delle volte, la vita.
Anche Cicerone in una lettera scritta all’amico Attico nel 59 a.C. sentenzia : “Cupio istorium naufragia ex terra intueri, cupio, ut ait tuus amicus Sophocles” (desidero contemplare da terra i naufragi di costoro, come disse il tuo amico Sofocle).
Avvicinandoci ad un relitto antico, l’aria diventa pesante, pensando alla tragedia a volte dimenticata, a volte solamente assopita e ricordata talvolta nei libri di storia; ma il cuore del sub batte all’impazzata mirando distese di anfore che costituivano il carico della nave. Cosa contenevano, a chi erano destinate, chi le aveva forgiate con sapienti mani, chi ne avrebbe tratto beneficio? Sono passati secoli e dove prima era contenuto vino, adesso fa capolino una murena che ha trovato nel collo dell’anfora una tana sicura, mentre a pochi metri di distanza, un polpo, tra i cocci e le anse delle anfore distrutte, ha creato il suo rifugio. Una marra in piombo sbuca dalla sabbia … chissà dove si trova la contromarra … chissà quante volte l’ancora è stata salpata ed ora sono secoli che non vede più la luce del sole.
Immagini diverse, viste da prospettive diverse, di chi ha trovato un frammento di storia e di chi invece ha trovato, nella sciagura, un porto sicuro. La bellezza di essere a tu per tu con il passato, nel mondo del silenzio, rotto solamente dal rumore della respirazione e dai pensieri che affollano assordanti la mente del sub, è una sensazione che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita.
Cosi accadde la prima volta in pochi metri d’acqua, quando un’anfora incastrata tra le rocce e sabbia del fondale fece capolino tra le posidonie mosse dalla corrente. Mi sembrava di aver visto un manico per una frazione di secondo, ma poi la posidonia aveva offuscato la mia immagine. Poco dopo nuovamente quella visione ed allora con un frenetico battere di pinne mi avvicinai ed il sogno di tante immersioni era stato esaudito. Era li! Veramente!. Un’ anfora, un bene di uso comune, una damigiana di oggi, che nessuno degnerebbe di uno sguardo, invece a pochi centimetri ammaliato ed abbagliato dalla sua bellezza esisteva davvero. La voglia di abbracciarla ed abbracciare un sogno avverato, per carpire anche solo una informazione di quella terracotta ammaliatrice.
Nulla valsero i branchi di saraghi e una cernia sorniona che avvicinatasi, mi guardava incuriosita. Ero con il mio sogno e nulla mi avrebbe potuto distrarre.
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